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(Riassunto delle puntate precedenti: è un mondo difficile, felicità a momenti, per fortuna che D10 c’è!)
Nel frattempo, ero riuscito a convincere il vecchio testone che un minimo di supporto esterno era necessario, e che ce lo saremmo potuti permettere senza che lui dovesse sborsare un centesimo.
Ritengo che quest’ultimo dettaglio sia stato determinante; lo dico non per cattiveria ma perché, con buona probabilità, andò proprio così.
Trovammo, trovai, una persona davvero per bene – una mia coetanea per giunta, che già mi conosceva di nome – mamma in una famiglia di sane tradizioni granata, dunque amici. Il suo apporto si limitava a poche ore a giorni alterni (non perché lo volesse lei o lo volessi io, ma perché per mio padre di più non era necessario, figuriamoci), ma per mia madre fu bello avere una donna amorevole e competente con cui rapportarsi; e anche il “nonno” fu contento, a giudicare dai bottoni che le attaccava certe volte, di quelli che non finiscono più.
Io potei contare su un supporto quanto mai gradito seppur circoscritto, nonché su un cambio affidabile in situazioni tattiche occasionali, che mi permise di allontanarmi di casa di tanto in tanto per un giorno ogni qualche mese.
Già – starai forse pensando – ma le partite a Roma, in quegli anni, non furono tre? Ne hai citate solo due. Vero, ho lasciato la più importante per ultima, quella di mezzo.
In mezzo, fra la volta di Florenzi e quella di Raúl, vidi Checco calciare in curva Sud l’ultimo pallone caa maja sua e nostra e le lacrime di quella sera, zio Logan, chi se le scorda più.
Il mio vecchio deve ancora scoprirlo adesso che ci sono stato, a quella partita; a lui avevo detto che sarei andato a una sorta di ritiro spirituale con Luciano in Liguria (che si tenne davvero, ma non in quel weekend); invece mi concessi un fine settimana a Roma, e partecipai a un’occasione e a un commiato a cui, se non ci fossi andato, poi, lo avrei rimpianto per tutta la vita.
L’ultima di Checco è tuttora l’ultima partita di campionato che sia riuscito a vedere all’Olimpico.
Dopo di allora c’è stato il Roma-Real Madrid di Champions League già ricordato, alcune trasferte a Torino e un Italia-Svizzera degli Europei che vincemmo (sia la partita che gli Europei, questi ultimi ancora mi domando come, nonostante sia stato bellissimo); a vedere l’Italia, all’Olimpico, ci andai peraltro insieme a Lei.
Che nel frattempo era apparsa nella mia vita e aveva fatto in tempo a conoscere mia madre, anche se per poco. La “nonna” ne fu molto contenta. E mi allieta pensare che se n’è andata con quella consolazione; perché io lo capivo, anche se non poteva parlare, che era per lei una gioia e un conforto avermi accanto, ma che al tempo stesso era consapevole che io stessi trascurando pressoché ogni altra cosa, e non del tutto volontariamente.
Ora se n’è andata pure Lei, la mia compagna, che per carità sta benissimo ma non siamo più insieme.
Un vero peccato. É stato molto bello e importante ma alla distanza non ha funzionato più, dopodiché ciò che conta è la salute e la vita continua. Me ne sono fatto una ragione. Spero sia lo stesso per Lei.
A giugno scorso avrei dovuto essere a Roma-Spezia per riunirmi alla “familia” e salutare il mister e la squadra; avevo già il biglietto in Montemario, treno alloggio tutto sistemato, dieci giorni di autentiche rigeneranti vacanze romane. Poche ore prima della partenza, però, un problema familiare – per fortuna non grave, ma in quel momento bloccante – fece saltare tutto. Di qualche mese.
E a quest’ultima frase non aggiungo altro per scaramanzia.
(segue)
CREDITS, NOMI E RIFERIMENTI:
Checco La curva Sud Logan Luciano Roma (associazione sportiva, daje sempre) Roma (città metropolitana)
e poi
Euro 2020, il primo campionato europeo di calcio itinerante, che peraltro si giocò nel 2021. Italia chiamò, fummo pronti.
Italia-Svizzera del 19/07/2021
La famiglia giallorossa, José Mourinho docet.
La volta di Florenzi e quella di Raúl
Stadio Olimpico, casa nostra, seppur in coabitazione, fino a che non ce ne faranno costruire una solo per noi.
Tribuna Montemario, punto di osservazione di alcune partite memorabili. Specie l’ultima.
Pingback: C’è solo un Capitano | Julian Vlad
Ah queste mamme che pensano solo al bene dei figli, anche se questo dovesse portarli lontani da loro! Mi riconosco in questa mamma, che pure avrà commesso degli errori, ma aveva comunque come obiettivo principale la felicità del figlio e la speranza di lasciarlo in buone mani dopo che se ne fosse andata da questa Terra.
https://viracconto1.blogspot.com
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Buongiorno Caterina! Mi fa piacere constatare che continui a seguire il mio racconto con partecipazione, ti ringrazio molto. E mi fa piacere, anche, segnalarti che ricordavo bene un tuo post molto attinente alla parte della storia mia che seguirà: https://viracconto1.blogspot.com/2014/02/per-non-dimenticare-chi-dimentica.html . A presto!
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Eh ricordo bene quel post. Come dimenticare? Otto terribili lunghi anni della mia vita, più due già un po’ problematici all’inizio della malattia. Avere di fronte una persona e la contemporanea consapevolezza di averla già persa per sempre è stato devastante.
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Naturalmente, cara Caterina, e mi dispiace se, senza volerlo, ti ho riportata con la mente a quei momenti così duri. Il mio ricordo del tuo post è legato al “mano nella mano”, poiché quando lo hai scritto io mi stavo preparando al ritorno a casa di mia madre, e già me ne prendevo cura in clinica. Era capitato, sarebbe capitato ancora parecchie volte, di restarle accanto mentre dormiva, ogni volta tenendole la mano buona. É uno dei ricordi che trovo più confortanti, questa piccola cosa fra noi. (E questa frase credo finirà dritta nel mio prossimo post, perché è un dettaglio che mi stavo dimenticando di raccontare. Dunque grazie, per avermelo fatto tornare in mente!).
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