












(Riassunto della puntata precedente: Bill celebra l’inizio del nuovo anno nel nome di Cesare e del dio Giano e si appresta a tornare sul sacro suolo).
Ed eccomi di nuovo qui, con il naso per aria, gli occhi pieni di meraviglia. E con in più, rispetto alle prime volte, il gusto dell’anticipazione nell’approssimarmi a scorci e vedute amatissime, il compiacimento e la gioia nel ritrovarle e nel cogliere, qua e là, alcuni miglioramenti. Nell’illuminazione notturna, ad esempio, che ho l’impressione sia stata aggiornata e faccia risaltare meglio i dettagli come l’insieme, Così come, anche, gradite sorprese. Tipo la seconda fila di colonne innalzate nel foro di Traiano, sopra un architrave ricostruito che a sua volta poggia su capitelli ricostruiti a completare le altre colonne originali poste a piano terra che già vi si trovavano erette.
La serata è umida e il cielo coperto, il flash della fotocamera si riflette nelle goccioline sospese nell’aria e pare quasi ritrarre una nebbia altrimenti impalpabile, con le luci artificiali che sembrano fuochi di torce. L’effetto è suggestivo, anzi, è magico: restituisce uno spunto di immaginazione in più per figurarsi la sontuosità e la grandezza, proprio in termini di cubature, che doveva presentarsi agli occhi dei contemporanei che qui si recavano. Ai Fori dico, per i loro affari e le questioni giuridiche, politiche e religiose che era possibile svolgere entro siffatto, monumentale quanto pratico contesto.
Chissà se gli antichi romani, o quanto meno gli abitanti che non si trovassero afflitti da preoccupazioni quotidiane più stingenti, si sentivano, dentro di sé, tanto ammirati e fieri come mi sento io adesso.
Mi piace pensare di sì. Mi piace pensare che anche a loro, che vissero ai tempi in cui Roma attraversava il suo massimo splendore, fosse chiaro il privilegio e la fortuna di poter godere di tutto ciò.
A me è chiaro, oggi come è sempre stato, fin dal primo giorno che mi avventurai in questo scenario. E come sarà sempre, perché io non supererò mai questa fase, vecchio mio. Mi ritroverò ancora, chissà quante altre volte, mi auguro moltissime, di nuovo qui, con il naso per aria, gli occhi pieni di meraviglia.
A scattare le stesse foto, a centinaia, per altri decenni.
A rimirare le antiche pietre riflettendo sulla loro vetustà, sulle mani di chi le ha modellate quasi dumila anni fa; che si fa difficoltà a immaginare il tempo che è trascorso e ciò che queste pietre hanno visto passare, ma non ho difficoltà a immaginare loro, gli avi romani che le hanno cavate e poi scalpellate, levigate e posate: è come se fossero ancora qui, camminano insieme a me, e io in mezzo a loro.
Forse vedrò altre cose più lontane, nella mia vita, vorrei tanto farmi un viaggio in Giappone e poi, chissà, magari negli States. Ma per quante meraviglie potrò ammirare commuovendomi in mezzo e di fronte a esse, mai nessuna potrà darmi una gioia e un abbraccio più confortevole di ciò che provo quando sono qui, al cospetto della Grandezza e della Storia. Sotto il cielo di casa.
Nient’altro che un prolungato, fanciullesco e compiaciuto stupore, eterno come questa città. Io appartengo a Roma.
Mia dea madre e fonte di vita, dea dell’amore, dell’accoglienza e del focolare, dea dei viaggiatori e custode della memoria.
(segue)
CREDITS, NOMI E RIFERIMENTI:
La mia dea madre | Roma (città metropolitana)
e poi
Foto by Dario Angelo © 2024
Foro romano e Fori Imperiali, luoghi suggestivi quant’altri mai anche se al giorno d’oggi appaiono spogli e in rovina. Per tacer del Colosseo al cui cospetto, sempre, m’illumino d’immenso.
NeverEnding Story è il titolo di un celebre film tratto da un omonimo romanzo e impreziosito da una colonna sonora che è rimasta nell’immaginario collettivo. Di tutto ciò ho solo sentito parlare, orecchiando il brano qua e là. La mia storia infinita è un’altra e perdipiù, nell’occasione in cui avrei avuto modo di partecipare a una visione collettiva del film, non ne ebbi alcuna voglia, me ne restai a fare altro e fu una scelta quanto mai fortunata. Ma questa è un’altra storia, che prima o poi racconterò perché è importante. Quasi quanto Roma.
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